La data del primo incontro tra governo e sindacati è fissata per il 27 gennaio. Lunedì prossimo le parti sociali sono state invitate dal Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, per in primo summit sulla riforma delle pensioni. Tra governo e sindacati le distanze in materia di riforma delle Pensioni sono piuttosto rilevanti. Ad oggi appare chiaro che l'esecutivo intende riformare il sistema riducendo lo scalone che lascerà quota 100 nel 2022, ma senza aumentare la spesa previdenziale. I sindacati invece sostengono che vada fatta una riforma profonda e strutturale, cancellando una volta per tutte la legge Fornero.

Posizioni distanti che necessiteranno di un compromesso nel momento in cui si avvierà il tavolo della trattativa.

La posizione del governo è su quota 102

Probabilmente solo su un fattore tutti sono d'accordo ed è quello della flessibilità. Le prossime misure previdenziali dovranno essere misure flessibili. Dovranno essere misure che consentono di uscire dal lavoro una volta raggiunti determinati requisiti, ma a libera scelta del lavoratore. Il piano del governo è quello di sostituire quota 100, con una nuova quota 102. Questa l'ipotesi più attendibile che però nasconde due evidenti inasprimenti per i futuri pensionati, rispetto a quota 100. In primo luogo, non si potrà più uscire dal lavoro a 62 anni come è previsto da quota 100.

Servirà arrivare a 64 anni e sempre con i 38 anni di contributi da completare.

Inasprire di due anni l'età minima per la pensione con quota 100 produrrà sicuri benefici per le casse dello Stato, ma sulla quota 102 ipotizzata da ambienti vicini al governo, i futuri pensionati potrebbero dover fare i conti con un assegno di pensione meno favorevole.

Un principio cardine dell'ipotesi di quota 102 è il ricalcolo contributivo delle pensioni erogate con la misura. In pratica, per uscire in anticipo dal lavoro, a 64, 65 o 66 anni e non a 67 come prevede la pensione di vecchiaia, occorre accettare il calcolo contributivo della pensione. Una forte riduzione di assegno, soprattutto per chi, aspettando l'età per la pensione di vecchiaia, avrebbe diritto al calcolo misto.

Anche in questo caso sarebbe una imposizione indirizzata alla necessità dell'esecutivo, di ridurre la spesa previdenziale.

La posizione dei sindacati è quota 82

Immaginare che i sindacati siano in accordo su quota 102 è piuttosto difficile. Innanzitutto perché la riduzione della spesa previdenziale passa, secondo le loro proposte, dalla separazione tra assistenza e previdenza. Su questo anche il governo sembra in linea, con una commissione ad hoc creata proprio per cercare la soluzione a questa anomalia del sistema. L'enorme spesa di danaro pubblico in capo all'Inps è sicuramente causata dal fatto che anche le misure assistenziali sono in capo all'Inps e probabilmente dovrebbero essere in capo allo Stato.

Dal punto di vista delle misure invece, i sindacati propongono l'uscita flessibile a partire dai 62 anni di età con 20 di contributi. E soprattutto la misura non dovrebbe avere penalizzazioni di assegno. Si tratta di una ipotesi che di fatto riscriverebbe le pensioni di vecchiaia. Per le anticipate invece, sempre le parti sociali continuano a chiedere quota 41. In questo caso, si tratta di una revisione completa delle pensioni anticipate, che oggi vengono concesse senza limiti di età, a 42 anni e 10 mesi per li uomini ed un anno in meno per le donne.