Il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha deciso di portare avanti un’azione disciplinare contro la pm Alessandra D’Amore, procuratore di Civitavecchia e titolare dell’inchiesta, per aver condotto in modo approssimativo le indagini sul caso del ventenne Marco Vannini. Tra la notte del 16 e 17 maggio 2015, a Ladispoli, il ragazzo di Cerveteri veniva ucciso per un colpo di pistola in casa di Antonio Ciontoli, giudicato colpevole per aver premuto il grilletto. Il ministro ha ribadito che le indagini condotte dalla pm D’Amore sono state superficiali sin dall’inizio ed hanno causato "un ingiusto danno ai genitori del ragazzo", per un processo sviluppatosi in maniera poco esauriente, tra scarsità di prove e dichiarazioni.

Ad esempio, i vicini dei Ciontoli non sono mai stati interrogati e, durante i primi istanti dell’indagine, non è stato usato il luminol per scovare eventuali tracce di sangue all’interno della casa dei Ciontoli, la scena del crimine.

L'azione disciplinare di Bonafede contro la pm D'Amore

La scorsa settimana Bonafede ha inviato alla pm D’Amore un dossier - riportato in esclusiva alle Iene nella puntata del 13 febbraio - in cui ha affermato che la "“avrebbe violato il dovere di diligenza e laboriosità, arrecando un ingiusto danno alle parti offese” ed “avrebbe omesso di compiere essenziali attività di indagine".

Ma soprattutto, nel dossier, il ministro ha indicato due misfatti essenziali nei primi istanti dell’indagine: il mancato sequestro della casa dei Ciontoli e la superficialità con cui sono state prese in considerazione le intercettazioni ambientali della famiglia Ciontoli, in contraddizione con le loro testimonianze.

Bonafede ha affermato: "Il pubblico ministero avrebbe omesso di disporre l’immediato sequestro dell’abitazione dei Ciontoli, lasciandola nella piena disponibilità delle persone sottoposte a indagine, e questo ha impedito di rilevare e preservare le tracce del reato non macroscopiche".

Per questo, sono state riportate le parole dell’ex comandante dei carabinieri del RIS di Parma, Luciano Garofano, che ha affermato: "Lo dico con osservazione obiettiva, certamente l’attività di sopralluogo e repertimento non è stata esaustiva, poteva essere più approfondita.

Devo anche dire che noi abbiamo chiesto di fare un sopralluogo ma c’è stato negato dal pubblico ministero, quindi anche da questo punto di vista non abbiamo potuto dare quel contributo che ritenevamo di poter dare, e obiettivamente c’è stata un’alterazione della scena, scusate l’errore, il refuso, c’è stata un’alterazione della scena da parte dei signori Ciontoli".

Bonafede, poi, ha asserito che per quanto riguarda le intercettazioni ambientali "La pm non avrebbe sottoposto a penetranti verifiche l’iniziale ipotesi, basandosi esclusivamente sulle dichiarazioni dell’indagato (Antonio Ciontoli) e di soggetti legati a quest’ultimo da strettissimi vincoli di parentela che, in quei momenti, avevano fornito versioni discordanti". Ed ha continuato dicendo: "La pm D’Amore non avrebbe mai obiettato il reato di calunnia di fronte alle dichiarazioni della giovane Martina Ciontoli (la fidanzata di Marco) che fece sul tenente Izzo, ex comandante della stazione dei carabinieri di Ladispoli".

La D'Amore avrebbe dovuto capire dalle intercettazioni ambientali che Martina stava mentendo ed incolpando il maresciallo Izzo del reato di rivelazione del segreto d’ufficio, poiché affermava che non si era mai accorta del proiettile conficcato nel torace del suo ex ragazzo, Marco Vannini, e che questo dettaglio le fosse stato suggerito proprio da Roberto Izzo.

Ma, nonostante ciò, la pm non hai mai indagato Martina per il reato di calunnia.

La Cassazione rinvia a giudizio la famiglia Ciontoli

Il Ministro della Giustizia ha quindi promosso l’azione disciplinare contro la pm D’Amore dopo il 7 febbraio 2020, quando la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi del procuratore generale e delle parti civili, annullando le prime due sentenze e rinviando al secondo appello bis la famiglia Ciontoli. Nei primi due verdetti, i magistrati avevano giudicato Antonio Ciontoli colpevole di omicidio colposo, emettendo una condanna a 14 anni nel primo appello e a 5 anni nel secondo. Ad oggi, gli ermellini hanno predisposto le motivazioni per incominciare un nuovo processo, in quanto si tratterebbe di omicidio volontario e non colposo.

Per quanto riguarda il resto della famiglia Ciontoli - la madre Pizzillo, il figlio Federico, la figlia Martina e la fidanzata di Federico, Viola Giorgini - verranno chiamati a nuovo giudizio per l’omissione di soccorso nei confronti di Marco, lasciato agonizzare per ben 110 minuti, dopo che nelle precedenti corti d’appello avevano ricevuto 3 anni della pena.

Di fronte a questa importante decisione il sindaco di Cerveteri, Alessio Pascucci, ha commentato: "La sentenza d'appello, oggi fortunatamente annullata dalla Cassazione, conteneva un sillogismo tutt'altro che chiaro che arrivava a giustificare il Ciontoli per aver ritardato i soccorsi al povero Marco che, come dicono tutti i referti, si sarebbe salvato se soltanto qualcuno di quella scellerata famiglia si fosse degnato di chiamare l'ambulanza in tempo".

Invece la mamma di Marco, Marina Conte, ha dichiarato a Fanpage: “In Cassazione è successo il miracolo, questi giudici hanno letto le carte in modo giusto e hanno saputo dare un'interpretazione giusta. Marco è nel cuore di tutti, è il figlio di tutti.”

L'obiettività di Bonafede sul caso Vannini

Al Ministro della Giustizia è costata molto questa presa di posizione. Infatti, come deputato del partito del M5s, ha sempre criticato l’interventismo dei Ministri della Giustizia nei confronti del lavoro dei magistrati come, ad esempio, per i processi contro Berlusconi. Per questo, non ha intenzione di commettere lo stesso errore.

In passato Bonafede aveva evitato di entrare a gamba tesa nel caso Vannini, cercando di essere obiettivo su come reagire pubblicamente alle decisioni della Corte.

Il ministro aveva affermato: "Come ormai sapete, non entro nel merito delle valutazioni dei magistrati, a maggior ragione con un processo ancora in corso. Continuerò a seguire la vicenda, col massimo dell’attenzione ma col dovuto rispetto per la magistratura e il sistema giustizia. Sono comunque convinto che, come Guardasigilli, nei limiti dei poteri conferitimi dalla Costituzione, sia mio dovere agire sempre nell'interesse di una giustizia efficiente e credibile".

Ma, già dallo scorso gennaio, il Ministro della Giustizia pronunciava dure parole sul comportamento del Presidente della Corte d’Appello, Andrea Calabria, "inammissibile ed inaccettabile" per come si era rivolto alla madre di Marco Vannini, una madre sconvolta davanti alla drastica riduzione della pena per Antonio Ciontoli.

Il giudice aveva intimato a Marina Conte di smettere la protesta in aula, per evitare di “farsi una passeggiata a Perugia” e di essere denunciata per oltraggio alla Corte. In quell'occasione, come in altre, Bonafede aveva mostrato vicinanza alla famiglia di Marco Vannini, tenendo diversi incontri pubblici con i genitori.

Così, poco dopo dello scoop delle Iene, nel maggio del 2019, quando in puntata Davide Vennicola (commerciante di borse a Tolfa) testimoniava contro l’ex amico ed ex comandante dei carabinieri Izzo, sul fatto che quest ultimo sapesse che l'assassino potrebbe essere il figlio Federico Ciontoli e non il padre Antonio, Bonafede incominciò a muovere l’ispettorato del Ministero per studiare il caso in maniera più approfondita.

Il ministro si stava domandando se da parte dei magistrati di Civitavecchia e poi di Roma fosse stato fatto tutto il possibile per risolvere le contraddizioni tra le testimonianze di Martina Ciontoli (fidanzata di Marco Vannini) e Roberto Izzo, ad oggi indagato per favoreggiamento e falsa testimonianza; inoltre, per quale motivo la procura di Civitavecchia non avesse ascoltato le testimonianze chiave dei vicini dei Ciontoli, sin dall’inizio del caso.

La Cassazione dà ragione alla pm D'Amore

Nonostante l'azione disciplinare inviata dal Ministro della Giustizia, la scorsa settimana gli ermellini hanno dato ragione al sistema d’accuse formulato dalla pm Alessandra D’Amore la quale, nel marzo del 2016, aveva chiesto di ottenere dal gup di Civitavecchia, Massimo Marasca, il rinvio a giudizio per omicidio volontario con dolo eventuale nei confronti di tutta la famiglia Ciontoli, includendo Viola Giorgini (la fidanzata di Federico), presente anche lei sulla scena del delitto e quindi punibile per omissione di soccorso.

Nel 2018, dinanzi ai giudici della Corte d’Assise, la D’Amore aveva chiesto una condanna a 21 anni per Antonio Ciontoli per omicidio volontario, a 14 anni per il resto della famiglia, e a 2 anni per Viola Giorgini. Ma, in secondo grado, Antonio Ciontoli era stato condannato a 5 anni, i familiari a 3 anni e Viola Giorgini era stata assolta. Inoltre, in difesa della pm D'Amore, l'avvocato Celestino Gnazi, legale dei genitori di Marco Vannini, ha affermato: "Non vogliamo commentare iniziative disciplinari, ma ci limitiamo a dire che in primo grado le indagini sono state svolte in modo da raccogliere una montagna di elementi più che sufficienti a dimostrare la colpevolezza degli imputati. Nel caso va valutato il comportamento dei giudici".

Il legale ha proseguito: "Il pubblico ministero nel processo di primo grado ha portato avanti l’accusa di omicidio volontario per tutta la famiglia Ciontoli e non era scontato. Così come non era scontato e semplice presentare un ricorso in appello."

La pm D'Amato ha già chiesto di essere ascoltata da chi di competenza e sarà presa in udienza in Cassazione.